Polifarmacoterapia

La polifarmacoterapia è definita come l'uso di più farmaci da parte di un paziente (generalmente a partire da 5). La polifarmacoterapia problematica è definita come l'uso di più farmaci in un modo che non è considerato appropriato o superiore a quello clinicamente necessario.

Panoramica


Nella pratica medica la polifarmacoterapia e sempre più comune, in particolare nelle persone anziane e nella gestione delle malattie croniche.

Sebbene la polifarmacoterapia si riferisca più comunemente ai farmaci prescritti, è importante considerare anche i farmaci da banco (Over The Counter, OTC), i fitoterapici (prodotti a base di erbe) e gli integratori (prodotti contenenti vitamine, sali minerali o altre sostanze) utilizzati dal paziente.

L'uso contemporaneo di più farmaci aumenta la probabilità di interazioni farmacologiche  anche clinicamente rilevanti, che possono aumentare il rischio di sviluppare reazioni avverse/effetti indesiderati o diminuire l'efficacia terapeutica del trattamento con scarso controllo della patologia di base. La polifarmacoterapia è stata associata, inoltre, a diversi esiti negativi per la salute, come il declino funzionale, il deterioramento cognitivo, il rischio di ospedalizzazione, la mortalità, tutti fattori che contribuiscono all'aumento delle spese sanitarie.

Inoltre, la complessità nella gestione di più farmaci può influire in modo significativo sull'aderenza del paziente alla terapia (compliance), con la possibilità di saltare le dosi, di sbagliare l’orario di assunzione o il dosaggio, compromettendo così l'efficacia e la sicurezza del trattamento.
 

Cause e fattori di rischio


La polifarmacoterapia può essere causata da una serie di fattori, tra cui:

  • invecchiamento della popolazione con un maggior numero di patologie croniche concomitanti;
  • automedicazione, senza un'accurata comprensione delle indicazioni e degli effetti indesiderati e delle reazioni avverse;
  • prescrizione di più farmaci da parte di multipli specialisti;
  • mancanza di comunicazione e coordinamento tra medico, infermiere, farmacista, e il paziente;
  • le transizioni di cura, al momento di un ricovero ospedaliero oppure nel passaggio del paziente tra reparti o strutture diverse (come le case di cura) oppure nel ritorno a casa, sono una fonte comune di errori (ad esempio, alcuni farmaci interrotti da tempo possono essere per errore reintrodotti in terapia e proseguiti).

 

La polifarmacoterapia è un problema particolarmente importante nelle persone anziane per i seguenti motivi:

  • gli effetti indesiderati dei farmaci sono più frequenti negli anziani a causa dei cambiamenti metabolici e della riduzione dell’eliminazione dei farmaci;
  • gli anziani subiscono una riduzione di acqua corporea e massa magra; di conseguenza, i farmaci idrofili (solubili in acqua), ad esempio il litio, hanno un volume di distribuzione inferiore. Questo contribuisce a una maggiore esposizione al farmaco;
  • un altro cambiamento specifico dell'invecchiamento è l'aumento del grasso corporeo. Di conseguenza, i farmaci lipofili (solubili nei grassi) hanno un volume di distribuzione maggiore. Ne sono un esempio le benzodiazepine a lunga emivita (come Diazepam, Clonazepam). Questo porta all’accumulo dei farmaci nel grasso corporeo e a una maggior permanenza in circolo degli stessi, con un prolungamento del loro effetto;
  • l'albumina, la principale proteina plasmatica a cui si legano i farmaci, è solitamente più bassa negli adulti anziani (per non adeguato apporto). Per questo motivo, vi è una maggiore proporzione di farmaci non legati (liberi) in circolazione e farmacologicamente attivi.
     

Sintomi


I sintomi indesiderati indotti da un farmaco in una persona anziana possono essere facilmente interpretati in modo errato come indice di una nuova malattia o attribuiti al processo di invecchiamento stesso piuttosto che alla terapia farmacologica.

La polifarmacoterapia può essere causa di stati patologici che possono essere confusi con sintomi e segni dell’invecchiamento oppure delle patologie croniche del paziente. Alcuni esempi possono essere stanchezza, sonnolenza, confusione, alterazione dello stato di coscienza, stipsi, diarrea, incontinenza, perdita di appetito, cadute, depressione o anedonia (l'incapacità, totale o parziale, di provare soddisfazione, appagamento e piacere per le consuete attività piacevoli). Talvolta, la comparsa di reazioni avverse secondarie a interazioni farmacologiche su una politerapia portano alla prescrizione di più farmaci per trattare i nuovi sintomi/segni, dando così luogo a quella che viene definita una “cascata prescrittiva”.

Le cascate prescrittive si verificano quando un effetto avverso del farmaco viene erroneamente diagnosticato come una nuova condizione medica e trattato con un farmaco quindi generalmente non necessario. Il paziente è quindi a rischio di sviluppare ulteriori eventi avversi correlati al nuovo trattamento.

Esempi di cascata prescrittiva sono:

  • lo sviluppo di segni e sintomi extrapiramidali su trattamento con antipsicotici (come Aloperidolo) o antiemetici (come Metoclopramide), a cui segue la prescrizione di una terapia per il Parkinson, anziché la sospensione degli antipsicotici responsabili dell’evento;
  • un’incontinenza urinaria su trattamento con inibitori delle colinesterasi (farmaci utilizzati nella demenza o nella malattia di Alzheimer, come Donepezil, Rivastigmine, Galantamine), a cui segue la prescrizione di una terapia per l’incontinenza urinaria (come Ossibutinina), anziché la sospensione degli inibitori delle colinesterasi responsabili dell’evento.
     

Prevenzione e diagnosi precoce


Il primo atto di prevenzione sarà, quindi, da parte degli operatori sanitari coinvolti nella cura del paziente, assicurarsi che una polifarmacoterapia sia appropriata, cioè che tutti i farmaci prescritti siano necessari per raggiungere l'obiettivo terapeutico e che la terapia sia stata ottimizzata per prevenire interazioni farmacologiche e reazioni avverse ai farmaci.

In particolare andranno evitate le prescrizioni potenzialmente inappropriate (potentially inappropriate prescriptions, PIP), definite come farmaci potenzialmente inappropriati (potentially inappropriate medications, PIM), cioè farmaci i cui rischi potenziali superano i benefici, in particolare quando esistono delle alternative più sicure e/o efficaci per il trattamento della stessa condizione clinica. Nella valutazione dei farmaci potenzialmente inappropriati, un’attenzione particolare è riservata agli antipsicotici e a quello che viene definito “carico anticolinergico” o “anticholinergic burden” (effetto cumulativo di più farmaci con proprietà anticolinergiche, inclusi gli antipsicotici).
La presenza di PIP, PIM e carico anticolinergico porta ad un aumentato rischio ad esempio di cadute, fratture, alterazioni cognitive (incluso il delirium), polmonite e ospedalizzazione, oltre ad essere stati riconosciuti (in particolare PIP e PIM) tra i principali fattori che possono contribuire a determinare la comparsa di eventi avversi prevedibili ed evitabili.

Esistono diversi strumenti che possono aiutare il clinico a rilevare PIP, PIM e carico anticolinergico. Di seguito vi sono alcuni esempi:

  • criteri STOPP (Screening Tool of Older Persons’ Prescriptions)/START (Screening Tool to Alert to Right Treatment), aggiornati nel 2023;
  • criteri di Beers, aggiornati dall'American Geriatrics Society (AGS) nel 2023;
  • lista PRISCUS
  • per il calcolo del carico anticolinergico, score AntiCholinergic Burden (ACB) – www.acbcalc.com.
     

Trattamento


Sarà necessario da parte del medico e/o del farmacista:

  • esaminare periodicamente la terapia farmacologica cronica in atto (una o idealmente due volte l’anno);
  • oltre alla revisione della terapia di routine, la revisione della terapia farmacologica è indicata quando i pazienti presentano un sintomo o un segno di nuova insorgenza;
  • interrompere terapie non necessarie;
  • considerare approcci non farmacologici;
  • attenzione all'uso di farmaci anche comuni – Ad esempio, i farmaci da banco, come i Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS), come Ibuprofene, Ketoprofene e Dexketoprofene;
  • ridurre la dose – Usare la minima dose efficace;
  • semplificare lo schema di dosaggio – Una maggiore complessità del regime aumenterà la probabilità di una scarsa aderenza/compliance;
  • prescrivere una terapia vantaggiosa (rapporto rischi/benefici a favore dei benefici).

 

Coinvolgere il paziente (o chi si occupa di lui, il caregiver) attivamente nella prescrizione e nella gestione cronica della terapia, così come nella sorveglianza attiva per la comparsa di reazioni avverse/effetti indesiderati, porta a un miglioramento delle cure.

Alcuni consigli utili da dare al paziente sono i seguenti:

  • assicuratevi di sapere a cosa serve ciascuno dei vostri farmaci: chiedete al medico/farmacista di scriverlo sulla lista dei farmaci;
  • insieme al vostro medico esaminerete tutti i farmaci presenti nell'elenco delle prescrizioni ripetute, determinando per ciascuno di essi:
    • È necessario? (Per cosa lo state assumendo, sta funzionando, è ancora necessario?)
    • Sta causando effetti indesiderati?
    • Esistono rischi legati all'assunzione a lungo termine?
    • Si sta assumendo la dose giusta? È possibile ridurla e continuare a essere efficaci?
    • Avete bisogno di esami, ad esempio del sangue, per verificare che il farmaco non vi danneggi o che la dose sia giusta per voi?
    • Interagisce con altri farmaci che sta assumendo?
    • Vuole continuare a prenderlo?
       

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